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           Titolo
          volutamente impronunciabile ed enigmatico, associa Esasperatismo e
          Shakespeare, il secondo contenuto nel primo, in un sottile meccanismo
          concettuale. 
          La storia di Macbeth, che Capece reinterpreta in alcuni olii e
          grafiche, è l’indagine sul dramma dell’ambizione che,
          nell’ultima opera shakespeariana, è al più alto livello di
          abiezione ed esasperazione. 
          Influenzato e colpito nelle prove del Macbeth che il regista Carlo
          Cerciello mette in scena dal 17 marzo al 16 aprile nel
          teatro-laboratorio “Elicantropo”, Capece fa suo il tema
          riportandolo col suo “realismo immaginario” al nostro tempo. 
          L’ambizione smisurata che non si ferma davanti al delitto rispecchia
          perfettamente il machiavellismo dell’uomo moderno di fronte ad uno
          dei suoi difetti e Capece lo ritrae crudamente nell'atto supremo del
          regicidio. 
          È qui che si incrocia il dramma shakespeariano con il tema filo
          conduttore del racconto di Capece che vede questo atto aberrante nel
          modo più cinico. Il "Macbeth" di Capece è esente da
          rimorsi e sembra andarsi ad identificare con certa parte di umanità,
          la peggiore, che vive e prospera del sopraffare il proprio simile. 
          Vittima di tutte le storie di ordinaria criminalità, Re Duncan
          potrebbe essere il neonato buttato nel cassonetto, o la signora morta
          per uno scippo, l’uomo pugnalato dal rivale, e così via a salire
          nella scala dell’interesse e dell’abiezione, al parente eliminato
          dall'erede, all'imprenditore ucciso dal socio, al presidente ucciso
          dal vicepresidente, arrivando alla guerra ed allo sterminio. 
          Macbeth che decapita il suo re, fa uccidere il suo amico e massacrare
          chi potrebbe attentare al suo trono, in Capece è il criminale che sta
          nell’uomo, in tutti, e che non aspetta altro che l’occasione per
          manifestarsi mentre lady Macbeth, compagna e complice, è la coscienza
          lucida istigatrice e giustificatrice delle sue nefandezze. 
          È "l’uomo col cappello"* per eccellenza, nelle
          motivazioni originarie che Capece ama ritrarre, e se tra i suoi tristi
          figuri vi sembrerà di riconoscere qualche personaggio attuale, è
          probabile che riterrete il riferimento emblematico e tutt’altro che
          casuale. 
          Il tema è fortemente collegato in chiave pessimistica agli enunciati
          del movimento artistico e culturale “Esasperatismo Logos &
          Bidone” a cui Capece ha aderito e che è, forse, la maggiore e
          migliore alternativa ad un modo “istituzionale” di intendere
          l’arte a Napoli. 
                                                                                                                                 
          Oscar Rafone (marzo 2006)
          
           
          *
          "L'uomo col cappello" è il primo dei cicli figurativi della
          pittura di Capece.
          
           
          www.nunziocapece.it
          
           
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