COMUNICATO
STAMPA
Soqquadro
&
presentano la MOSTRA COLLETTIVA D’ARTE
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ARTISTI IN MOSTRA:
ANDREA
ABBATANGELO, MARIA CECILIA CAMOZZI, ANTONIETTA
CAMPILONGO, VALENTINO CARBONI,
ROBERTO CIPOLLONE (CIRO), LUCIANO CRISOSTOMI,
GLORIA, TIZIANA GUIDI, GIOVANNI MANGIACAPRA, MONA LUISA,
CATERINA MORELLI, SIMONE NICOLETTI, GIAMPIERO
NUCCIARELLI, ANGELA SCAPPATICCI,
LAVINIA TUCCIARELLI
DATE
E ORARI:
DAL
23 MARZO AL 6 APRILE h.16.00/20.00, CHIUSO DOM. E LUN.
INAUGURAZIONE:
23
MARZO h.18.30
LUOGO:
GARD,
VIA DEI CONCIATORI 3/i, ROMA
INFO:
06.5759475,
06.4504846, 333.7330045
E-MAIL:
soqquadro@interfree.it
Il tema della mostra è la sfida su diversi formati,
piccolo, medio, grande, che ciascun artista ha operato
nei lavori esposti. Ogni partecipante si è cimentato
nella realizzazione di 3 opere in 3 diversi formati
attraverso le quali è possibile leggere un percorso di
ricerca nella relazione con lo spazio.
Andrea
Abbatangelo, giovane artista ternano, utilizza i più diversi mezzi
espressivi e tecnologici per la
sua attività artistica: pittura, scultura,
installazioni, video, fotografia, grafica, ecc...I suoi
studi sociologici lo portano ad affrontare tematiche
contingenti, con assoluta originalità e con lucida
analisi. In una serie di opere ha tracciato un
planisfero fatto di sabbia dorata, più recentemente ha
affrontato le tematiche del nomadismo, del rapporto
sud-nord del mondo, e quella dell’Homo videns. Le sue
opere risultano godibili visivamente, e nello stesso
tempo inducono ad una riflessione sulla realtà
geografica e umana che viviamo.
Maria
Cecilia Camozzi si occupa di fotografia di ricerca, traendo
ispirazione - nei lavori più recenti - dal Flamenco. Il
risultato dell’abbinamento sinestesico
“suono-colore”, è una serie di fotografie di genere
astratto caratterizzate da vivace cromatismo in grado di
creare un filo conduttore con ogni singolo pezzo, ogni
emozione. Nei bagliori di luce, innestati nell’oscurità
di forme con-fuse, palpitanti, si ritrova il ritmo delle
nacchere e delle mani, dove il colore scinde le
immagini, le esaspera in saturazioni vigorose, senza
attendere che la ragione ne comprenda le Gestalten.
Antonietta
Campilongo affonda le sue radici nella pop-art europea. Stella
Tasca sottolinea che i dipinti della Campilongo sono
frammenti di ricordi, di sogni o di vissuti personali
che si specchiano però esattamente nelle storie altrui
perché descrittive di un quotidiano comune. I lavori
esposti mostra no una particolare combinazione di
ricerca in bianco e nero che racconta un insieme, come
in un lavoro trittico, ma al contempo ciascun frammento
si presenta come un se compiuto, capace di vivere da
solo pur se creato in relazione con l’insieme.
Accanto ai tradizionali media pittorici, Valentino
Carboni sfrutta le potenzialità espressive
dei materiali più diversi, soprattutto elementi di
scarto, come sacchi di iuta, ritagli di giornali, ferri
industriali, su cui sono ben evidenti le sedimentazioni
del tempo. Nelle sue opere sono spesso inglobati questi
oggetti, ma anche elementi che forzano i limiti fisici
della tela per invadere con forza lo spazio
tridimensionale. La sua poetica si ispira a certi esiti
dell’Oggettualismo degli anni ’50-’60, ma anche alla poetica dell’objet trouvé.
Ciro,
ovvero Roberto Cipollone,
è legato alla bottega medievale. Le sue opere sono
create con gli oggetti scartati dalla nostra società
dei consumi, legni rigettati dal mare, vecchie bacinelle
di metallo, oggetti che creano atmosfere coniuganti
l’antica sapienza del fare con lo spirito tragicomico
moderno delle opere di Arman o di Baj. Dietro i lavori
di Ciro si intravede l’ironia della moderna pop-art
miscelata con lo spirito quasi sacrale dell’antico
artigianato. Il risultato di questo ardimentoso cocktail
è una rivisitazione estremamente moderna dell’idea
della visione classica della scultura.
Luciano
Crisostomi propone una pittura
figurativa incentrata su alcuni elementi iconografici
particolari. L’artista ama la citazione colta, come
nel caso del fregio rinascimentale desunto dagli
affreschi del Mantegna, ironicamente associata con
figure più moderne e popolari (di chiara matrice pop).
Le poltrone vuote, metafora di un silente dialogo in
attesa di interlocutori, fanno parte di un’ampia
serie, come le Cartoline, in cui intervenendo con la più
tradizionale pittura ad olio, con una sorprendentemente
sottile e traslucida pellicola pittorica, Crisostomi
rende unica un’immagine consumata dalla riproduzione
seriale, ovvero una cartolina erotica d’inizio
Novecento.
Il lavoro di Gloria
è legato ad una ricerca informale sul piano estetico,
che si evolve nelle tematiche attualissime legate
all'ambiente e all'ecosostenibilità attraverso una
tecnica materica che utilizza carta e cartone riciclati.
Questi materiali, salvati dalla morte tra i rifiuti,
trovano nei suoi quadri nuova vita e nuova dignità; i
colori metallici e l’oro usati nelle creazioni
enfatizzano questa preziosità dimenticata che si vuol
far riemergere ed evidenziare. La filosofia che ogni
oggetto che gettiamo può essere prezioso per qualcun
altro si diffonde oggi tra gli artisti della riciclart
ed è in opposizione con il consumismo attuale e lo
stile di vita usa e getta.
Tiziana
Guidi stende il colore
direttamente con le mani, escludendo la mediazione del
pennello, in un rapporto di forte fisicità con
l’opera. Nelle sue tele, fatte di corposa materia
pittorica impastata con carte estrapolate dal quotidiano
(carta igienica o carte da cucina) il colore domina la
scena, si impadronisce dello spazio, non solo quello
della tela, ma anche di quello visivo dello spettatore,
travolgendone i sensi. Attraverso l’utilizzo di grandi
spazi di colore, Tiziana circonda il fruitore
dell’opera, inebriando chi si pone davanti ai suoi
lavori.
Giovanni
Mangiacapra lavora sulla gestualità; la sua tecnica è strettamente
collegata ad una grande sapienza del colore; il senso
impresso dalla mano dell’artista, a volte rotatorio, a
volte lineare, sottolinea la forza dei contrasti tonali
utilizzati con la stessa energia e dinamica del ritmo
musicale. Il collegamento storico di quest’artista è
l’Action Painting americana di Pollok;
il colore è gettato con forza sulla tela,
lanciato e successivamente spalmato, i contrasti
emergono vitali e rabbiosi, in un’armonia creata con
l’utilizzo di una tecnicità che sfiora la libera
aggressività del caos.
Mona
Luisa
reca in sé i semi di culture diverse generate
dal suo vissuto esistenziale; nelle sue figure, immerse
in paesaggi coloratissimi, ritroviamo una miscellanea
geografica che parte dall’Africa per spaziare tra
Europa ed America. Di sé stessa Mona Luisa ci dice:
“… porto con me i fantasmi di una vita vissuta in
Angola, in Portogallo e in America. I miei quadri sono
le voci della mia infanzia e della mia adolescenza –
le voci della mia giovinezza. Non è stato facile, perché
i fantasmi non rispettano le regole dell’estetica e
della forma. Ho perso il controllo del pennello; adesso
sono il sole rosso dell’Africa,
l’inverno di Lisbona, il fado dell’Alfama, la
brezza dell’oceano sopra le colline di Cascais che
conducono e guidano la mia mano.”
Sara Dragani ci racconta Caterina
Morelli: “Una finestra dalle lunghe tende. Una
vasca dei pesci rossi su di un comodino. Una sedia a
dondolo, e l’armadio accanto ad essa. Oggetti e
arredamenti, rapiti dagli interni di luoghi vissuti e
liberati dalla reclusione delle mura domestiche. Ma
nessun ordine gerarchico intende imporsi all’occhio:
filo, segno a matita, vernice e pittura ad olio
intraprendono una convivenza serena e scevra da intenti
prevaricatori di una tecnica rispetto all’altra.
L’atto del cucire tesse le trame su di una pittura che
diviene ciò che dipinge e ne assume le forme,
assottigliandosi sino a divenire filo di lana e
ingrossandosi fino a marcare le asperità del legno.
Simone
Nicoletti, giovanissimo, esplica nelle sue opere la passione per la
mescolanza dei linguaggi pittorici con il fumetto, con
un racconto ironico e fatto di colori accesi e pieni,
che coprono interamente lo spazio, impadronendosene con
l’allegra e debordante “arroganza” dei giovani che
proviene dall’urgente bisogno di narrare il se. Nei
suoi lavori l’ansia della ricerca, i tentativi, lo
sperimentare se stesso prima ancor della tecnica rendono
poco comprensibile
il progetto di lunga scadenza del lavoro di Nicoletti,
ma fanno emerge con forza e chiarezza la potenza
embrionale del suo divenire.
Il linguaggio di Giampiero
Nucciarelli fa forza sulla deformazione
espressionista. La sua indagine è da sempre incentrata
sulla figura e la realtà umana, multiforme e
impenetrabile. Gli stati d’animo dell’essere
contemporaneo sono stati spesso fissati e descritti
attraverso le sue immagini, sempre di forte impatto
emotivo-emozionale. Di recente il suo fare si è rivolto
verso la descrizione di atmosfere più rarefatte, con un
abbandono del colore che ha lasciato il posto alle
variazioni del nero-grigio-bianco. Costante permane,
tuttavia, la matrice filosofica della sua ricerca,
ovvero l’Esistenzialismo.
Il fascino dei lavori di Angela Scappaticci è riassumibile
nella parola “Materia”. Di materia solida e
invadente dello spazio, contrapposta a parti più
impalpabili della tela, sono fatti i suoi lavori. Se
Angela non ricercasse con tanta positiva ossessione
nuovi materiali da inserire nelle sue opere, il racconto
sarebbe ovvio; ma la maestria dell’artista riesce ad
“ammucchiare” in un angolo della tela un insieme di
spessori che si contrappongono al resto lasciato quasi
senza rilievi. Ed è il contrastarsi di questi due
elementi, il loro scontrarsi/integrarsi che svela il
racconto poetico che, spostando lo spettatore verso
diverse e complementari sensazioni, lo trascinano in un
turbinio sentimentale.
Lavinia
Tucciarelli è una giovanissima artista
alle sue prime esperienze espositive. Il suo lavoro
sposa un impianto astratto che la lascia libera di
esprimere una romantica visione dell’arte, di
relazione stretta tra l’uso del colore con un bisogno
impellente di esprimere le proprie visioni. Le spatolate
energiche che la Tucciarelli dà ai suoi quadri sono
schiaffi, pianti, risa, espressioni vivide del suo
sentire. Forse questo è solo il seme della giovinezza,
ma non possiamo negare che il fascino della visione
dell’artista che non si pone altri limiti che non
siano il proprio sentire ed esprimere i sentimenti
conseguenti faccia parte di un immaginario quasi arcaico
del pittore.
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