Pittrice, Grafico, Incisore, Poetessa           

                                                               
 

Dal quotidiano Rinascita del 28 settembre 2002 - Anna Salvati il concetto trecentesco di “madonna” torna a rivestire la donna.


La levità delle tinte e la consistenza della materia pittorica stese sulle tela da Anna Salvati nelle opere esposte fino al 30 settembre al centro d’arte “ La Bitta” di Roma, rappresentano magicamente il carattere, lo spirito e la peculiarità pittorica di questa singolare artista. I mutamenti nel corso dell’esistenza portano sovente con sé la conseguente motivazione che fa emergere il profondo ed apparire anche quello che un ancestrale pudore impone di nascondere. Anna ha raggiunto quella maturità che la fa esprimere senza reticenze lasciando libero sfogo ai sentimenti tramite quell’educazione alla pittura ed al segno che finora rimaneva se non nascosto almeno alla stregua di suggerimento.

Ella ormai è capace di cogliere il bello e il nuovo libera da ogni convenzione o assurda costrizione.
L’amore per l’arte, la naturale facilità di segno che sa tradurre in potente disegno, l’hanno indotta a liberare l’empito poetico della sua immaginazione corroborata dalla sua delicata anima artistica.
Non piu’ pittura di ritorno ma prepotente creatività. Le camere oscure che custodivano l’esplosione della retina si sono spalancate ad uno sguardo che, partendo dal cuore, si realizza nella mente e prende corpo nella trasposizione sulla tela.

La metamorfosi conseguente alla conquista di sé si è proiettata nella composizione di un mondo che, nato dall’amore per la natura, si trasforma in luce trasfusa dal sentimento infocato che dentro le ribolle. Il dialogo incessante fra materia e spirito, filtrato dalle vicissitudini della vita, rende efficaci quelle manifestazioni pittoriche che infrangono l’oggettività per elevarsi a paradigmi di amore, sensibilità, spesso sensualità, decantate dalla presenza di una fede vissuta, di sentimenti incandescenti e di una trascendente integrità morale ed umana. Sopito ogni conflitto, sa trasfigurare la materia immedesimandosi in essa con la forza della sublimazione.

Anna Salvati non è mai estranea al soggetto che dipinge.
Manipolatrice sapiente del colore e cultrice sofisticata del segno, sa interpretare in modo eccellente le Fontane di Roma sbizzarrendosi in sovrapposizioni talmente efficaci da trasformare il marmo in una carnalità così provocante che sembra abbracciare quella pietra, donando altra vita anche alla materia inerte. Ne risulta un irrompere dell’immaginario nella percezione sensoriale che viene irrorato dalla vertigine liberatoria che scaturisce, immediata, dalla cosciente supremazia sull’ inconscio che è divenuta incontestabile sigla referente del suo dipingere. In tali Fontane spesso il fatto plastico trascende quello pittorico che predomina invece laddove l’artista scioglie il suo canto al colore quale espressione sonora del suo delicato, e tutto femmineo, sentire.

Ella si immerge in un panteismo romantico ove tutto è vitale; umano e librato nell’empireo dell’amore. Il creato possiede un’anima che in quei paesaggi tanto abbacinanti quanto subliminali dialoga con l’uomo rivestendosi di quei sentimenti che sono peculiari della natura umana. Avviene allora che la sua personalità si può sentire parte viva in un gioco di corresponsione di dare ed avere fino a costituire un’entità in scindibile che si identifica in una intima partecipazione al progetto creatore.

Così in “ Alba a Kabini River” appare una luce diafana che lievita la terra a mò di aquilone di cui Anna regge saldamente il filo e trattiene per trasmettere i suoi sogni. In “ Rosa Alba” la visione è incisa da delicatissime volute che impreziosiscono l’onda alla foggia di un nobilitato Ertè.

In “ Giochi d’acqua ” la forza del segno inturgidisce le tinte irrorate da perle luminescenti che formano le note di un solenne spartito musicale. I raggi del sole rappresi nel colore dell’acqua adornano di diamanti e lapislazzuli l’opera.
“Ondeggiando sulla cresta delle onde “ e il “ Tritone” della Fontana omonima, cosparge di sogni colorati l’atmosfera di una suggestiva Roma notturna. Che fanno quei pinguini virtuali di “ Bianco polare” in un oceano ghiacciato entro il quale rugge il magma rovente di un cuore che conosce le ambasce piu’ cocenti ed ha trovato giusto rifugio nelle Fede? La vocazione all’ignoto di un nuovo Ulisse conduce “ Il catamarano” in lesta e continua progressione verso quell’isola di Afrodite che sorge in un mare di cobalto, raffigurata dal turgore di un procace seno il cui capezzolo, rorido di arcane promesse, si staglia irresistibilmente nel cielo della passione.

Questa pittura è tutta una trasfigurazione della materia in un pensiero-sentimento che usa l’incantesimo delle tinte per sublimarsi in accenti che se sprigionano erotismo ne purificano anche la carnalità per assumere la valenza di sorgente di vita. Il limite Spazio-Tempo viene traslato in metafore suasive di percorsi naturali ai quali si avverte presiedere una visione esistenziale cosciente dell’eterno femminino idealizzato però da un pensiero profondamente catartico che si immedesima nell’alto concetto rinascimentale ed umanistico che definisce la donna nella sublime astrazione di “madonna”.

Gianni Franceschetti